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Numero 4(84)
Elezioni: dove va la politica russa

    E’ finito un gran ciclo elettorale russo. Sono stati eletti: il Parlamento (la Duma), molti governatori e, infine, come dessert, il Presidente. Per quattro o per almeno tre anni il Paese può calmarsi e impegnarsi in un lavoro costruttivo. Anzi, questa volta una parte di questo lavoro è stata anticipata: Ci ha pensato Vladimir Putin, rinnovando prima del previsto il Governo e tutta la sua struttura. Come diceva Lenin, “grande capo e maestro”: “Gli obiettivi sono determinati, i compiti sono posti, quindi, all’opera compagni!”. Ma le domande rimangono, sia qui in Russia, sia certamente, all’estero.
    Vediamo di esaminarle almeno un po’ e di risponderle. La domanda più facile concerne la Duma: cosa le è successo?
    Ha smesso di esistere come organismo politico serio. Tutto si decide particamente in un unico ufficio, quello di Boris Gryzlov, il presidente della Duma, il dirigente del gruppo parlamentare “Russia Unita”. Ora cerchiamo di capire, perché è così.
    Oggi il gruppo parlamentare comprende 308 persone, una cifra sufficiente per:
    - lo svolgimento di una seduta: il quorum c’è;
    - l’approvazione di una legge ordinaria, o di una dichiarazione della Duma di Stato (il minimo necessario e’ di 226 voti, mentre in tutto ci sono 450 deputati);
    - manca solo un po’ alla maggioranza necessaria per l’approvazione di leggi costituzionali, ed è facile trovare i 10-15 voti che mancano;
    - il consiglio della Duma comprende 7 membri della “Russia Unita”, la quale quindi è sicura di avere un pacchetto di controllo, ma per ogni eventualità, Gryzlov ha un voto in più, quello decisivo.
    Con questa configurazione numerica da tutti gli altri deputati dipende poco o niente. Almeno per quanto riguarda la grande politica. Tuttavia, non tutto il male viene per nuocere: molti deputati che lavorano alla Duma da parecchi anni dicono: “Ora lavoriamo solo nei nostri distretti elettorali, tanto alla Duma non c’è niente da fare”. La “Russia Unita” quindi ha fatto sì che il deputato ora è più vicino al popolo, ma d’altra parte ricorda pure di più un personaggio fiabesco dell’epoca della “stagnazione”, il “deputato allevatore di renne”. Se vi aggiungiamo la richiesta di concordare con il gruppo parlamentare quasi ogni mossa, i deputati della “Russia Unita” difficilmente potranno essere liberi, come del resto i cittadini...
    E’ lecito peraltro sperare che ci sia come minimo un Comitato della Duma che lavorerà (cioè, divertirà) sul serio: quello, capeggiato dalle grandi personalità dello show-business, Iosif Kobzon (presidente) e Aleksandr Rozenbaum (vicepresidente), ma ciò riguarda il mondo dello spettacolo, mica quello della politica.
    Anche per quanto concerne parlamenti e dirigenti regionali, il comando dell’ “attenti !”, “fronte a Russia Unita !”, ha avuto un effetto visibile. Si sono schierati, sono pronti a servire. Dato che alle prossime elezioni la barriera di ammissione sarà alzata fino al 7% dal 5% di oggi, che per formare un gruppo parlamentare (cioè, un gruppo parlamentare), secondo le nuove norme, sono necessari 50 deputati e non 30, com’era prima, e se si considera che tutte le prossime elezioni saranno basate sul sistema maggioritario il futuro della Russia è sereno, ma difficilmente può corrispondere alle norme democratiche, accettate nel mondo.
    Il Governo: meno ministri, più funzionari. Una solita riforma amministrativa del periodo della società russa sviluppata. E’ possibile vedervi dei vantaggi evidenti per l’Occidente. Per la prima volta nella storia della Russia il premier viene informato della sua nomina trovandosi in una lunga missione di lavoro all’estero, e proprio nel cuore della vita politica europea, a Bruxelles. Anche alcuni ministri poi vengono a conoscenza della loro designazione fuori della Russia: Lavrov a New York, e Sokolov a Tokyo. Quindi, sintetizzando, è lecito dire che la Russia rimane orientata verso il dialogo, verso il processo delle trattative con l’Occidente. Questa tendenza è incrollabile e garantita dal Presidente in persona. E’ senz’altro il risultato positivo del rimpasto. A proposito, una notizia data apposta per gli imprenditori italiani: il primo ad essere ricevuto da Fradkov è stato il segretario generale del Ministero degli esteri dell’Italia.
    Quasi tutti i personaggi noti sia alla Russia sia al resto del mondo sono rimasti nell’esecutivo, anche se qualcuno fa parte di un’agenzia o di una commissione: è vero che questi dicasteri sono di un grado più basso, ma i poteri sono più o meno come quelli di prima. E poi - e questa forse è la constatazione più importante - la proprietà privata in Russia è intoccabile. Una revisione è impossibile. Tutti i liberali sono dov’erano. Niente rivincite. Si, sono ancora possibili revisioni per alcuni personaggi, ma non sarà una scelta di principio: a qualcuno è più simpatico un cognome rispetto ad un altro, e basta. La rivincita della sinistra non c’è e non è possibile. La “capitalizzazione” della Russia è avvenuta e nel futuro prossimo non ci sarà alcun’ inversione di rotta. Un’altra osservazione importante: come in precedenza era stato segnalato al mondo degli affari che non doveva ingerirsi nelle politica se voleva star bene, così oggi viene forse fatto capire alla burocrazia che l’economia non sempre è legata in modo indissolubile all’economia, checche’ ne dica Marx. Oggi non servono politici, ma amministratori. Di politici nello stato c’è n’è uno solo, il Presidente, e gli ammistratori dovrebbero essere professionali e preferibilmente non ladri. Se Putin riesce a risolvere questo problema mastodontico sarà il primo in Russia ad averlo ottenuto, se l’epoca del compagno Stalin non si considera un esperimento ben riuscito.
    E infine l’apoteosi: le elezioni presidenziali. Se la Commissione centrale elettorale si preoccupava per qualche cifra, era del numero dei votanti. Ma non esistono tanti osservatori da poter essere presenti presso tutti i seggi elettorali della Russia immensa, nessuno riesce ad impedire alla Cecenia od all’ Inguscezia di dare il 100% dei voti a favore di Putin, mentre la moralizzazione seccante di Mosca e di Pietroburgo che partecipano poco alle elezioni è un atteggiamento a cui sono ormai abituati tutti. Non la prende sul serio ormai nessuno. Le elezioni in Russia sono legittime: è un assioma, come il fatto che una posizione civile, in una società non civile, è assente.
    Ora parliamo dei risultati. E’ ovvio che la percentuale dei votanti è stata superiore rispetto alle elezioni politiche. Il popolo ama il Presidente assai più che la Russia Unita incolore. Putin ha vinto perché non poteva non vincere. Ma che cosa hanno dimostrato le elezioni?
    Kharitonov ha avuto più voti del Partito comunista della Federazione Russa, e ciò dimostra che se i comunisti avranno un nuovo leader potrebbero avere una chance. Ma voglio subito rassicurare coloro che hanno paura della minaccia comunista: tutto il vertice del partito comunista si fa in quattro per rimanere vicino alla torta del potere. Ciò spiega in larga misura anche i conflitti tra Ziuganov e Selezniov, tra Ziuganov e Semighin, tra Ziuganov e Glaziev. Possono sorgere personaggi nuovi, ma non otterrano mai la vittoria con la stagnazione che regna nelle schiere comuniste. Il loro scopo più importante è quello di mantenere la rappresentanza nella Duma: anche se la loro fazione non decide più quasi niente, l’esistenza di un gruppo parlamentare garantisce una vita tranquilla e agiata più interviste regolari pubblicate dai mass media e viaggi a Davos. L’estrema sinistra, da Ampilov a Limonov, è marginale o lo rimarrà senza un supporto rilevante da parte del potere. Finché Putin è al Cremlino, nei prossimi tre anni, non serviranno a nessuno e sono senza prospettive.
    Glaziev, da parte sua, ha dimostrato che il successo della coalizione “Rodina” alle elezioni politiche non era un caso; che gli atteggiamenti da lumpenproletariat nella società sono forti; che gli umiliati che vogliono rapinare e non lavorare, sono ancora tanti; che pochi sono in grado di distinguere il grano della verità dal loglio demagogico.
    E’ evidente l’ infantilità, l’ ignoranza e la lontananza dalle fonti di informazione di uno dei gruppi più importanti di elettori, quelli anziani, e non solo. Le televisioni non sono così diffuse in Russia come si usa pensare a Mosca. In molti angoli della Russia, nella migliore delle ipotesi c’è un solo canale, o, al massimo due, e poi non dimentichiamoci dei black-out che vi succedono di tanto in tanto. I giornali e le riviste sono diventati quasi inaccessibili per uomini che vivono quasi dell’economia di sussistenza. Cinquecento-seicenti rubli al mese è spesso il minimo di sussistenza delle famiglie russe, soprattutto in campagna.
    Lo scandalo all’interno dell’alleanza “Rodina”, che ha toccato anche Gerascenko “l’inaffondabile”, ha dimostrato con chiarezza a tutti quelli che possono e vogliono vedere: “Rodina”, con tutti i suoi slogan calmorosi in realtà non è un movimento ispirato a un’ideologia, ma un gruppo che tende al potere. E questo potere poi deve appartenere a una cerchia concreta e assai ristretta di persone, le quali secondo la vecchia tradizione bolscevica non risparmieranno l’un l’altro i colpi, combattendo per il potere. Figuriamoci se risparmieranno gli altri... Il concetto della xenofobia, dello sciovinismo, della “Russia per i russi” è molto caro a molti membri di “Rodina”. Lo dovrebbero ricordare politici, economisti e politologi. Gli scherzi e l’adulazione di “Rodina” possono essere pericolosi. Ma è probabile anche che gli scorpioni si mangino da soli.
    La Khakamada ha quasi dimostrato che anche una donna può essere un samurai. No, il karahiri non c’entra niente: un politico deve sempre combattere ad oltranza, come un vero samurai. Il suo risultato assomiglia a quello ottenuto alle elezioni politiche dai partiti di destra: la Khakamada non ha superato il 5%, ma lo stesso per lei è una vittoria.
    E si capisce perché: dopo che Rybkin si era ritirato ingloriosamente dalla corsa elettorale, Irina Khakamada è rimasta l’unico candidato dell’elettorato di contestazione. E dopo lo shock del 7 dicembre molti erano disposti ad andare a votare. Quindi, se Yavlinskij e Ciubais non avessero preso una posizione “da veri uomini” la destra poteva superare Glaziev e forse anche Kharitonov. Quanto a Malyshkin e Mironov, non c’è quasi niente da dire su di loro. E’ possibile, semmai, fare gli auguri all’“ombra” di Zhirinovskij per la sconfitta inflitta a Mironov, il presidente del Consiglio della Federazione, il terzo funzionario del Paese. Possiamo stupirci dell’ingenuità accusata dal geologo con quattro o cinque lauree che sorride e si vanta di tale risultato, con licenza parlando. Possiamo anche rilevare la situazione terribile dei quadri.
    Questi sono quindi, i risultati della febbre elettorale. Cosa ci aspetta in futuro? Tre anni più o meno tranquilli, rassicurati dalla stabilità dei prezzi del petrolio nei mercati internazionali, dalla stabilità della vita politica: bisogna guardare al Cremlino. Rimpasti governativi, sempre con gli stessi personaggi. La mancanza della società civile con le sue funzioni di controllo. E l’estate molto, molto calda del 2008, che pure passerà, e come spero, senza interventi da parte del Ministero per le situazioni di emergenza.

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