Numero 5(85)
Fuori i soldi!
L’”affare Jukos” iniziato quasi un anno fa con l’arresto del vice presidente della compagnia Platon Lebedev e del presidente Michail Khodorkovskij è arrivato alla fase finale.
Il 28 maggio è iniziato il processo per l’affare Lebedev-Khodorkovskij. Quest’ultimo viene accusato dei crimini descritti dall’art. 159 (furto di proprietà di grande entità con frode ad opera di organizzazione commerciale), dall’art. 315 (inottemperanza dei rappresentanti della suddetta organizzazione commerciale alle disposizioni del tribunale), dall’art. 165 (cagione di danno di grande entità a patrimonio con frode ), dall’art. 199 (ripetuta e premeditata evasione fiscale di grande entità ad opera della compagnia), dall’art. 198 (evasione fiscale dai contributi previdenziali statali di grande entità ad opera di persona fisica), dall’art. 327 (ripetuta falsificazione di documenti), dall’art.160 (appropriazione indebita di grande entità e dissipamento di patrimonio in associazione a delinquere) del Codice Penale.
È necessario dire che i loro avvocati, all’inizio convinti dell’atteggiamento prevenuto del tribunale hanno condotto una campagna finalizzata alla dimostrazione di come i due fossero in realtà da considerarsi prigionieri politici. Fino ad ora sono solo riusciti ad ottenere dall’organizzazione PACE la designazione per la questione di un relatore speciale, il deputato del Bundestag ed ex-ministro della giustizia della ex-Repubblica Federale Tedesca Sabina Leuthauser-Schnarrenberger, che è stata in visita alla fine di maggio a Mosca. Tuttavia gli alti funzionari del GUIN coi quali si è incontrata le hanno garantito che gli standard di detenzione di Khodorkovskij e Lebedev corrispondono a quelli europei, anche se la signora Schnarrenberger non ha potuto incontrarli. È necessario ricordare che il rifiuto all’autorizzazione all’incontro è conforme alla legislazione vigente, in base alla quale, il rappresentante dell’organizzazione PACE non fa parte della cerchia di persone autorizzate legalmente alla visita ai detenuti (parenti stretti, avvocati, secerdoti e consoli). Ed anche che la rappresentante stessa si è dichiarata disposta ad analizzare scrupolosamente tutto il materiale legato all’arresto dei leader della compagnia Jukos e all’inchiesta apertasi sul loro conto, per verificare se siano stati violati i diritti fondamentali enunciati nella convenzione europea sui diritti dell’uomo. “Per quanto concerne l’essenza delle accuse rivolte alla dirigenza della Jukos, la risoluzione di tale questione non rientra nelle mie competenze”, ha detto la signora Schnarrenberger in un intervista con il “Moskovskie Novosti”. Oltre a ciò, il comitato creato verso la metà di maggio sulla corretta revisione dell’opera di Michail Khodorkovskij, del quale fanno parte famosi rappresentanti dell’Intelligentcija russa, nel proprio appello ha dichiarato che il caso “Jukos” ha carattere politico, ed ha richiesto che Khodorkovskij venga liberato, oltre che venga istruito un processo che analizzi i capi di accusa inerenti eventuali violazioni commerciali e fiscali alla legge in modo trasparente ed aperto. Nel caso Lebedev e Khodorkovskij vengano riconosciuti a tutti gli effetti prigionieri politici, essi possono seguire pienamente l’esempio dell’ex-oligarca Vladimir Gusinskij, che ha ricevuto dal governo russo tramite la corte di Strasburgo per i diritti dell’uomo 88.000 Euro per i tre giorni passati ingiustamente nel carcere moscovita Butyrskaja nel 2000.
Non tutti i politici occidentali ritengono i leader della Jukos prigionieri politici. L’influente parlamentare K. Weldon ad esempio, in una intervista col giornale “Vremja Novostej” ha dichiarato:”ma io mi pongo la seguente domanda: come può un uomo in tre anni in maniera assolutamente legale arrivare ad acquisire ben 8 miliardi di dollari, ed in piú senza pagare le tasse corrispettive? Al posto dei russi, anch’io vorrei che le persone come Abramovich e Khodorkovskij pagassero le tasse dovute”.
Ma il vero “scontro armato” ha luogo presso i tribunali arbitrari. Il 27 maggio il tribunale arbitrario di Mosca ha accolto la richiesta del Ministero delle Tasse della Federazione Russa di avviare un’istanza giudiziaria senza precedenti sulle appropriazioni da parte della compagnia petrolifera Jukos di 99,3 miliardi di rubli, totale al quale ammonterebbero le tasse e le corrispondenti multe evase. E naturalmente gli avvocati della compagnia Jukos hanno subito richiesto una controistanza, ma è poco probabile che il tribunale arbitrario ritorni sulla sua decisione, perche la storia potrebbe fruttare allo Stato la copertura di buona parte del deficit statale di quest’anno. Ci hanno guadagnato tra l’altro soprattutto gli speculatori della Borsa, poichè le notizie sulla decisione del tribunale di Mosca hanno causato una brusca svalutazione delle azioni della Jukos, seguite da un’altrettanto rapido e consistente rialzo. Sembra che i manager della compagnia non siano molto ottimisti, riguardo all’esito della causa. Il giorno successivo alla decisione del tribunale arbitrario di Mosca del 27 maggio il vice presidente del consiglio amministrativo della compagnia Jurij Beilin ha dichiarato che la Jukos è disposta a cedere i propri attivi per coprire il debito contratto con lo Stato, se non dovesse vincere la controistanza. In primo luogo si tratta di rinunciare definitivamente alla “Sibneft”, che vorrà dire per l’attuale governatore della regione della Chukotka e coproprietario della compagnia Abramovich la necessità di trovare i 3 miliardi di dollari in contanti che egli aveva ricevuto per la cessione dell’anno scorso. Altrimenti la compagnia dovrà dichiarare la bancarotta. Cosa che si rifletterebbe negativamente su tutta l’economia russa. Per la soluzione di questo problema è stato chiamato presso la Jukos l’ex-capo della Banca Centrale di Russia Viktor Gerashchenko. Il resto degli azionisti della Jukos si sono già adoperati per ottenere dalla compagnia il massimo possibile, assicurandosi nel 2003 generosissimi dividendi, e alla vigilia della decisione del tribunale arbitrario hanno citato in giudizio la Jukos a nome della compagnia minore “Menatep group” da loro controllata, creditrice presso la Jukos di 1,6 miliardi di dollari. Contemporaneamente il Ministero delle Tasse si prepara ad avviare istanze giudiziarie anche per gli anni 2001 e 2002. Tra l’altro, in seguito all’attività recente degli esattori, già migliaia imprenditori russi che avevano in precedenza interpretato flessibilmente la legislazione fiscale si ritrovano fuorilegge. Ciò che viene considerato il “caso Jukos” è solamente il primo della lista, ha indirettamente sostenuto il presidente Putin. Il 24 maggio alla conferenza stampa sul summit Russia-UE, anche se civettuosamente rifiutando qualsiasi commento “che possa influenzare il tribunale”, ha definito il “caso” un “segnale da parte della Procura Centrale”: “Nessuno pu rubare, tutti devono osservare la legge, indipendentemente dalla loro posizione sociale e dai miliardi o milioni che possiedono”. È chiaro che si tratta di un segnale indirizzato al grande business, che si è di nuovo congelato nell’angosciosa attesa di sapere chi sarà il prossimo ad essere inquisito. Il primo della lista potrebbe essere il sovraccitato signor Abramovich, che già da diversi mesi preferisce evitare Mosca. La commissione di scrutinio, capeggiata dal nemico personale dell’oligarca S. Stepashin (che non ha mai perdonato ad Abramovich di aver fatto in modo di sollevarlo dalla carica di Primo Ministro nel 1999) ha dichiarato di avere riscontrato nella regione della Chukotka serie violazioni fiscali, e nella fattispecie l’utilizzo di off-shore interni, cosa che avrebbe permesso alla compagnia del signor Abramovich di risparmiare oltre 400 milioni di dollari. Non può rimanere tranquillo neanche Viktor Wechselberg, il proprietario della Compagnia Petrolifera di Tjumen’, che non molto tempo fa aveva acquistato una collezione di uova Fabergè. Proprio il giorno dell’inaugurazione della prestigiosa mostra di opere di Fabergè, un gruppo di investitori di una banca collegata al businessman, si è rivolto alle autorità chiedendo la confisca della collezione di uova Fabergè per risarcimento dei debiti.
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