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Numero 9(54)
Scontro per la Slavneft

    Molti esperti che osservano lo sviluppo dell’economia russa pensavano che le rese dei conti tra i rappresentanti di diversi gruppi imprenditoriali, con l’uso della diffamazione e di sentenze giudiziarie appartenessero nel passato.
    Ma le ultime vicende legate alla società pubblica “Slavneft” hanno dimostrato che non è vero. Attualmente il governo si prepara a mettere all’ asta un notevole pacchetto di azioni della società, e i rappresentanti di diversi gruppi cercano pertanto di occupare i posti dei top manager dell’azienda, per dare una mano alle proprie strutture imprenditoriali. La competizione è stata spronata anche dal fatto che l’ex dirigente della “Slavneft”, Mikhail Gutseriev, è stato mandato in ferie in modo coercitivo, senza poter sperare di tornare, per aver aiutato in modo troppo attivo suo fratello alle elezioni in Inguscezia. Secondo alcune informazioni, l’evento avrebbe coinvolto due gruppi. Uno era quello delle persone appartenenti alla “famiglia”, cioè degli imprenditori e dei politici vicini a Eltsin. Il loro candidato al posto di Gutseriev era Juri Sukhanov che prima aveva lavorato nella “Sibneft”, la società di Roman Abramovich. Dalla parte opposta erano i così detti “cechisti (KGB) di Pietroburgo”, compreso il capo della “Mezhprombank” Serghei Pugaciov: il loro candidato era Anatoli Baranovskij, nominato presidente dell’azienda ad interim da Gutseriev uscente. Per garantire la vittoria al loro candidato i “pietroburgesi” hanno organizzato una fuga di informazioni, secondo le quali a carico di Sukhanov fosse instaurata una causa penale, in conformità all’articolo 201 del Codice penale della FR (l’abuso di autorità d’ufficio, comportante danni materiali.
    Le pubblicazioni sui mass media richiamavano l’attenzione sul fatto che il primo ministro Mikhail Kassianov, che sostiene un uomo così, rischiasse di suscitare un forte scontento del Presidente. Nel contempo, il sig. Baranovski e i manager arrivati con lui dalla “Mezhprombank” fotocopiavano tutte le documentazioni della “Slavneft” che capitava loro tra le mani. Ma l’assalto impetuoso non ha portato gran che, e all’assemblea, svoltasi il 13 maggio, Sukhanov è stato eletto, a maggioranza di voti, presidente della “Slavneft”. Baranovski i suoi colleghi sono tornati alla “Mezhprombank”, dalla quale non si erano neanche licenziati, ma solo erano andati in vacanza. Ma il contrasto non è finito . Il 17 marzo gli ufficiali giudiziari hanno portato all’ufficio della società petrolchimica “Slavneft” il titolo esecutivo della Corte distrettuale “Orgionikizevski” di Ufa, in conformità al quale la sentenza dell’assemblea di azionisti era abolita. La corte ha vietato a Sukhanov di eseguire la sentenza dell’assemblea, nonché di iniziare la nuova attività e di svolgere le mansioni del presidente della “Slavneft”. Al presidente del Consiglio d’amministrazione e al consiglio d’amministrazione della “Slavneft” è vietato di rescindere il contratto di lavoro con il presidente della stessa Mikhail Gutseriev e di stipulare un contratto con Sukhanov, relativo alla sua assunzione al lavoro, come presidente della “Slavneft”.
    L’ipotesi più probabile è che il titolo esecutivo e il contrasto giudiziario che inevitabilmente lo seguirà, siano un tentativo della “Mezhprombank” di screditare il management della “Slavneft”, per conseguire, come minimo, la riduzione del prezzo del pacchetto azioni della società petrolchimica, che sarà presentato all’asta. Ora tutto dipende dalla fermezza della dirigenza della “Slavneft” e del primo ministro, che dovrebbe presto subire altri attacchi da parte dei mass media.

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