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Numero 12(57)
Il Cremlino modifica il verdetto
Budanov rimane dentro


    Una brusca svolta è avvenuta nel processo di Juri Budanov, ex comandante del reggimento dei carri armati, accusato di aver ucciso Elsa Kungaeva, una ragazza cecena di 18 anni.
    Poco fa tutti (anche noi) si aspettavano che il colonnello sarebbe stato dichiarato incapace di intendere e di volere nel momento della commissione del reato, sarebbe stato condannato a 3 anni di galera e presto amnistiato come decorato. Ma sembra che la situazione sia diventata talmente scandalosa che le autorità abbiano dovuto intervenire.
    Il 20 giugno, il procuratore generale Vladimir Ustinov ha detto che avrebbe impugnato la condanna, se i giudici avessero escluso dalla causa l’accusa d’omicidio. Ustinov è stato seguito, alla televisione pubblica, da esperti autorevoli che sostenevano all’unisono che Budanov non dovesse essere assolutamente rimesso in libertà. Affermavano, poi, che il procuratore Nazarov, che aveva proposto di togliere a Budanov l’accusa di assassinio e di infliggergli una pena di tre anni di reclusione a causa dello scadere del mandato, s’intenda di diritto penale meno di un studente di giurisprudenza poco zelante, perché la sentenza non deve essere necessariamente fondata sulle conclusioni della perizia psichiatrica. È stato quindi introdotto il nuovo pubblico ministero, il pubblico ministero precedente era stato licenziato per cattive condizioni di salute, che ha dichiarato di non ritenere che il caso fosse concluso. La seduta del tribunale alla quale doveva venir letta la sentenza, ha visto una svolta sensazionale: il giudice ha sentenziato di ripristinare l’indagine giudiziale e di inviare Juri Budanov al nuovo, ormai terzo, esame psicologico e psichiatrico. Ciò vuol dire che l’esame del caso, in realtà, ricomincia dallo zero.
    Dopo le parole del giudice Viktor Kostin sul ripristino dell’investigazione giudiziale, nella sala, completamente riempita dalla Corte militare del circondario del Caucaso del Nord, è rombato un sospiro di sorpresa. Gli avvocati della parte lesa si sono infervorati: Abdullah Khamzaev ha addirittura proposto a Budanov di parlare con fiducia a quattr’occhi, ma “l’eroe ceceno” ha replicato: “Solo col mitra in mano”. L’esame psicologico e psichiatrico è uno dei documenti più importanti per influenza sulla sentenza. Già nella fase preliminare delle indagini gli esperti che avevano esaminato Budanov avevano concluso che aveva commesso l’assassinio “in preda a fortissima emozione”. Ciò consentiva ai giudici di non valutare le azioni di Budanov nell’ambito dell’articolo 105 del Codice penale, indicato nella requisitoria, ma nell’ambito dell’articolo 107, che prevede una punizione più mite, e che fa parte degli articoli ai quali si applica l’amnistia. L’ultimo esame del Centro psichiatrico Serbski di Mosca, che ha riconosciuto il colonnello incapace di intendere e di volere al momento dell’uccisione, concedeva ai giudici di non procedere affatto contro Budanov per l’assassinio. La sentenza della corte sulla ripresa dell’indagine giudiziale cancella tutto ciò che accadde nella corte dall’inizio dell’anno, cioè da quando Budanov era stato sottomesso all’esame psichiatrico a Mosca. Tuttavia, non è il caso di illudersi riguardo alla giustizia. Se i “vertici” decideranno di cambiare posizione un’altra volta, nessuno impedirà di rimettere il colonnello in libertà un po’ più tardi, quando il polverone si sarà calmato.

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