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Numero 12(57)
Cofferati all’attacco

    Sergio Cofferati, leader della CGIL, il più grande sindacato italiano, non molla.
    Da settimane è sulle prime pagine dei giornali per la questione legata al licenziamento senza giusta causa (articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori). Ma da quando le altre due organizzazioni sindacali, CISL e UIL hanno siglato il Patto per l’Italia con il Governo, che prevede una fase di sperimentazione triennale in ambito di assunzioni, Cofferati si è chiamato fuori, sostenendo che tale patto è un accordo scellerato che va contro il bene dei lavoratori. Da qui è partito il suo contrattacco, inizialmente posticipando la sua scadenza di qualche mese, a settembre e poi incontrandosi con i leaders dei partiti all’opposizione per ottenere consensi. Che sia il colpo di coda di un animale ormai alla fine? L’impressione è altra. Cofferati è stato più volte accusato di strumentalizzazione, di adoperare il sindacato per scopi politici, e i fatti ci danno ragione. E’ in atto il tentativo del patron della CGIL di gettare una passerella nella politica per poter a fine settembre passare. Molto si è discusso sul suo rientro alla Pirelli, e lui stesso ha dichiarato di volervi fare ritorno, ma sono in pochi a crederci. La lettura dei fatti va nell’opposta direzione. Tali accadimenti suscitano almeno tre interrogativi. Che ci si può ancora servire di una organizzazione non politica, in questo caso del sindacato, per scopi personali, dandola a bere a milioni di iscritti, è il primo. Che Cofferati non si renda conto, accecato dall’ambizione?, che quando entrerà in politica sarà bruciato, fatto fuori come altri prima di lui, è il secondo. Che la minoranza di centrosinistra non sia in grado di fare una vera opposizione, disposta com’è in ordine sparso, e abbia bisogno di un sindacalista per trovare un’aggregazione comune, è il terzo interrogativo. Tuttavia potrebbe anche essere che quest’ultimo punto sia rovesciato e cioè che sia la sinistra a sfruttare il fenomeno Cofferati e il culto della sua personalità che essa sta costruendo attorno alla CGIL, rendendolo in questo modo schiavo in un ipotetico futuro politico. Il segretario del maggiore sindacato italiano si sta preparando a scendere in campo convinto di essere l’alfiere del popolo progressista, che ha ammaliato con una raffica di “no” decisi sia al governo che alla sinistra, no che non prevedono mediazioni. E’ forse una rivincita nei confronti di quegli esponenti della nomenklatura democratica, Fassino e D’Alema, che non potendogli dire di no lo assecondano fino a che il pollo o meglio il pesce non cadrà nella rete? Cofferati pensa di essere l’antidoto della rovina di sinistra, invece egli rischia di diventare l’artefice dello sfascio, cosa che al centrodestra di governo piace molto.

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