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Numero 19(64)
Gli italiani e la Russia

    “La Russia vista con gli occhi di un Italiano non è la stessa Russia che vedono gli occhi di un Russo”, ce lo aveva detto alla luce della sua lunga esperienza l’On. Dario Rivolta, Vicepresidente Vicario dell’Associazione Azzurri nel Mondo; non ha gli stessi spazi, non ha le stesse profondità, e nemmeno gli stessi sentimenti o le stesse inquietudini.
    Gli Italiani sono quelli che hanno sempre chiamato America gli U.S.A., che chiamavano Russia l’U.R.S.S., che non sapevano che la Jugoslavia era poco più di un invenzione di Tito. Poi si sono verificati tanti cambiamenti, tante cose: è caduto il muro di Berlino, e l’est è arrivato addosso all’Occidente inaspettato, immenso, sconosciuto.
    Appena al di là della vera e unica frontiera italiana, quella friul-giuliaana, è scoppiata la guerra. A Trieste sentivano i cannoneggiamenti; e si imparò la differenza dura, brutale, fra Slovenia e Bosnia Erzegovina, tra Croazia e Serbia. Poi vennero il Kossovo, il Montenegro, la Macedonia, e si incominciò a capire che c’era un mondo di cui nulla si sapeva, di cui nulla si capiva. C’è un cantante serbo, ma che vive in Italia come Goran Kuzminac, che durante la guerra metteva un computer in ricerca automatica tutta la notte per tentare di raggiungere, quando aveva fortuna, uno qualsiasi dei telefoni di amici o parenti. Lui, che cantava ‘Stasera l’aria è fresca’, una volta ricordò con amarezza un poeta del suo paese: “Serbia e Croazia sono la stessa merda di vacca divisa in due da una ruota del carro della storia… ”, prosaico ma efficace. Quello stesso carro ha percorso altre strade, ha separato ancora, e spesso facendo male; purtroppo non sempre in maniera indolore come fra Repubblica Ceca e Slovacchia.
    Gli Italiani hanno cominciato a guardare più in là, a capire di più, a comprendere di meno. Hanno scoperto che la Russia è solo quella dei Russi; che Estonia, Lettonia e Lituania non erano solo linee sull’atlante ma nazioni; che a sud est c’erano stati, nazioni, repubbliche, enclavi; sconosciute, lontane, misteriose. Che esisteva la Moldova, l’Azeibargian, l’Ucraina, la Bielorussia, la Georgia, il Tagikistan. Ma se tutti i ragazzini italiani sanno dov’è la Francia e che la sua capitale è Parigi, o che c’è la Russia e che la sua capitale è Mosca; l’Ucraina la conoscono solo perché è da lì che arriva Shevchenko, ma se chiedi loro di puntare il dito sul mappamondo e indicarla sbarrano gli occhi, se chiedi loro la capitale ammutoliscono, e nemmeno i babbi e le mamme sanno aiutarli.
    Gli Italiani sono quelli che hanno acceso la tv per vedere scendere dalle scale del Festival canoro di San Remo Mikhail Gorbaciov, ma che non sanno che i Russi lo vedono e lo giudicano con occhi ben diversi. Gli Italiani hanno fatto il tifo per lui, meno per Boris Eltsin (che aveva nominato Putin Premier nel ’98, un anno prima delle sue dimissioni), e poi per Vladimir Putin, soprattutto da quando è stato eletto Presidente con il 70% delle preferenze nel 2000. Tutto senza però capirne le differenze, le distanze. Gli Italiani sono quelli che non sanno più cosa pensare della Cecenia dopo l’assalto gli uomini della brigata ‘Ryad es Allah-ina’ guidati dal 23enne Movsav Barayev al Teatro Dubrovka. Non sanno se condannare le truppe speciali degli Spetsnaz (Spetsialnoe Naznachenie, ‘compiti speciali’ ndr) per quanti sono morti nel blitz che ha liberato il teatro, oppure i terroristi per avere sequestrato 750 ostaggi in nome della libertà del loro popolo. Non sanno, gli Italiani, che Arbi Barayev, zio di Movsav che alla morte ne ereditò la leadership, fu ucciso dai militari russi nel giugno 2001 in quanto considerato il più implacabile sequestratore di Russi e stranieri in Cecenia! che a lui era attribuita la decapitazione di tre britannici ed un neozelandese che lavoravano lì per conto di un’impresa occidentale.
    Opinioni a metà strada insomma, come tra Israele e Palestina: un colpo al cerchio e uno alla botte, tanto per non sbagliare. Un po’ con Putin un po’ con opinionisti anche autorevoli come Otto Latsis, Vicedirettore di ‘Novye Izvestiya’ che ha criticato non solo l’azione della Brigata Alfa, ma anche quelle delle truppe russe in Cecenia. Magari, chissà, forse i Ceceni potrebbero anche avere diritto a quell’autonomia che sembrò possibile quando nel 1997 la Russia riconobbe momentaneamente il governo liberamente eletto di Aslan Maskhadov. Quello stesso Maskhadov per il cui portavoce in Europa Ahmed Zakayev, nel novembre scorso, il Cremlino chiese inutilmente l’estradizione alla Danimarca che lo aveva arrestato per poi rilasciarlo dopo 38 giorni di carcere. Zakayev, accusato di omicidi efferati, è dapprima scomparso; poi all’aeroporto londinese di Heathrow lo hanno fermato gli agenti di Scotland Yard rilasciandolo quando l’attrice Vanessa Redgrave -mettendo in grave imbarazzo lo stesso premier britannico Tony Blair- ha pagato la cospicua cauzione di 50.000 sterline dando a lui e ai suoi famigliari asilo nella propria casa.
    Pensieri italiani, spagnoli o inglesi, ma starebbe bene agli Italiani se l’Alto Adige decidesse di diventare austriaco o indipendente? e in Spagna non è l’indipendenza che chiedono i Baschi? e in Gran Bretagna non è la stessa cosa che vorrebbero i cattolici d’Irlanda? Più facile, se ne viene la voglia, dare ragione ai Ceceni, più lontani, più sconosciuti, più compatibili. Putin ha paragonato il loro terrorismo a quello di Al-Quaeda, lo stesso Makhadov a Osama Bin Laden accusando i separatisti ceceni di “estremismo e radicalismo religioso”. Ma i ceceni non ci hanno colpito, non hanno fatto attentati che abbiano ucciso cittadini occidentali, e Romano Prodi, Presidente della Commissione Europea ha detto che “in Cecenia ci può essere solo una soluzione politica”, soprattutto non lo hanno fatto in Occidente, lo stesso Teatro Dubrovka è tanto lontano. La differenza è tutta qui. Forse troppo pochi italiani hanno letto ‘Chadzhi Murat’, il breve romanzo che Lev Tolstoj scrisse negli ultimi anni della sua vita narrando di un capo ceceno che collabora con i Russi per sbarazzarsi di un avversario, che ad un certo punto decide di agire autonomamente e per questo viene ucciso dai Cosacchi dopo una strenua resistenza. Un esempio esemplare delle contraddizioni e degli intrighi che sempre hanno connotato i rapporti russo-ceceni!
    Perché tanta attenzione per Grozny e la Cecenia? Perché dopo le centinaia di pagine di giornali e le ore di televisione per i fatti del Dubrovka, della Russia, di Putin, si è parlato solo in relazione al voto in Consiglio di Sicurezza dell’ONU sulla questione Iraq/Saddam; all’incontro fra lo stesso Putin e Bush (che il Presidente del Consiglio italiano Silvio Berlusconi aveva ospitato insieme nel giugno scorso al vertice Nato di Pratica di Mare) a San Pietroburgo. Per il resto la Russia sembra ancora tanto lontana, troppo grande da raccontare, ancora difficile da capire, anche per i giornalisti…ma a volte per gli stessi Russi se Andrej Konchalovskij, fratello di Nikita Michalkov e regista come lui, ha affermato a un giornale italiano “ringrazio Dio di non essere Putin, ha dovuto assumersi responsabilità terribili. Comunque la si guardi è stata una sconfitta, per i Russi che sono morti, per i Ceceni che si trovano più assediati di prima. Il terrorismo ci ha messi tutti sotto tiro, e i media sono il suo detonatore. La Terza Guerra Mondiale è già cominciata, e non ha confini”. Sperando che abbia torto…anche se il suo ‘Dom Durakov’, Gran Premio della Giuria allo scorso Festival del Cinema di Venezia, raccontava quello che sarebbe diventato tristemente realtà, ben al di là di ogni inimmaginabile fantasia, di ogni pellicola, russa o italiana che fosse.

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