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Numero 19(64)
Anno felice

    La politica estera della Russia nell’anno che se ne va è stata eccezionalmente felice, anche se sulle prime sembrava che non ci fossero motivi per essere troppo ottimistici a riguardo.
    Per la Russia, è stata un’assoluta sorpresa la dichiarazione secondo la quale, dal 2004, in seguito all’entrata dei Paesi Baltici nell’UE, gli abitanti della regione di Kaliningrad, l’enclave russa in territorio europeo, avrebbero dovuto ottenere i visti per uscire dalla propria regione. L’Europa unita inizialmente era inflessibile e non voleva dar retta a nessun’obiezione. Ma l’esperienza dimostra che per sfondare un muro di cemento, bisogna demolirlo dal suo interno. In questo caso occorreva trovare un Paese che accettasse di promuovere gli interessi della Russia nell’Unione Europea. Con Gorbaciov, questo ruolo era affidato alla Germania e alla Gran Bretagna. Con Eltsin, prima alla Gran Bretagna e poi, anche alla Germania era succeduta la Francia. Putin, è stata l’Italia ad aiutarlo a sfondare il muro della diffidenza europea, che pareva indomabile. L’Italia, di fatto, è diventata l’alleato più stretto della Russia sul continente europeo, nell’interesse reciproco delle parti. Alle trattative, svoltesi nell’autunno del 2002, è stato concordato che invece dei visti saranno introdotte tessere di viaggiatori, che verranno rilasciate agli abitanti della regione di Kaliningrad.
    I buoni rapporti con gli Usa, stabilitisi dopo gli atti terroristici dell’11 settembre 2001, hanno fatto sì che l’estensione della Nato verso Est, che prima era stata vista in Russia come aggressione delle forze nemiche, o come desiderio di “accerchiarla”, piano piano si è trasformata nell’espansione di un’alleanza quasi amica, unita con la Russia da un nemico comune: il terrorismo internazionale. Anche i militari russi che prima non vedevano nella Nato che un nemico, ora sembrano ammorbidire la propria posizione. E’ possibile, quindi, che domani potremo essere testimoni della costruzione di un enorme sistema di sicurezza, dall’oceano Atlantico al Pacifico. I buoni rapporti tra Putin e Bush hanno fatto sì che molti regimi dei Paesi della CSI che cercavano di trarre vantaggi dalle contraddizioni russo-americane (come l’Ucraina e la Georgia), siano diventati meno litigiosi nei confronti di Mosca. Intanto la Russia è riuscita a mantenere un buon rapporto con la Cina e l’India che si guardano con diffidenza, e hanno un attegiamento altrettanto sospettoso nei confronti dell’Occidente. La recente tournée orientale di Putin, finita in Kirghizia, ha dimostrato che la Russia consolida le proprie posizioni anche nell’Asia Centrale, dove è tornato un gruppo di forze aeree russe che vi mancava da molto.
    Un altro successo della politica estera della Russia ottenuto quest’anno, è la sottomissione completa della Bielorussia. I rapporti russo-bielorussi in un anno hanno superato tutte le fasi: dall’amore reciproco a quello che quasi si potrebbe chiamare odio, dopo che Vladimir Putin aveva fatto capire chiaramente che la situazione precedente, che si riduceva all’ottenimento dei servomezzi da parte della Bielorussia a prezzi speciali, in cambio di parole sul desiderio d’unità, doveva rimanere nel passato. La vicenda non è finita in una rottura tra i Paesi alleati per un solo motivo: il “padrone” bielorusso Lukascenko è visto molto male dall’Occidente. Di conseguenza, per non restare isolato, con la sua repubblica in rovina, il Presidente bielorusso è dovuto venire in Russia a chiedere una conciliazione. Ora pare che il modello russo dell’integazione veloce dei due Paesi, proposto da Putin, debba avere la meglio, e l’unificazione dei Paesi slavi diventerà la carta vincente propagandistica alle elezioni presidenziali in Russia del 2004.

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