Numero 19(64)
Chiamatelo federalismo e non regionalismo DEVOLUTION A PALAZZO MADAMA Infuriano le polemiche parlamentari attorno alla riforma costituzionale voluta dalla Lega Nord
159 sì (tutta la maggioranza meno il solo Fisichella), 89 no e il primo round pro-Devolution a Palazzo Madama ha spinto Bossi a stappare una bottiglia di champagne insieme al fido Vicepresidente del Senato Roberto Calderoli, ma al primo voto si è arrivati dopo polemiche furiose e furenti.
“Bisogna coniugare regionalismo solidale e unità nazionale”, aveva detto Carlo Azeglio Ciampi, Presidente della Repubblica Italiana, e il primo a sobbalzare sulla poltrona è stato Francesco Speroni, già Ministro nel Berlusconi 1 e oggi Capo di Gabinetto di Bossi: “passi l’aggettivo solidale, chi ha mai detto di essere contro la solidarietà? ma perché Ciampi parla sempre di regionalismo? Si chiama federalismo. Per non parlare di quella ‘forte coscienza per l’unità della Nazione’…”, una nazione, quella italiana, fatta da 8.102 Comuni, 108 Province e 22 fra Regioni (di cui alcune a Statuto Speciale ed altre no) e Province autonome. Non bastasse Ciampi ha rincarato la dose: “chiunque abbia la responsabilità di pubblici uffici deve saper guardare lontano lavorando anche per chi verrà dopo nelle stesse cariche che oggi gli sono affidate. E poco importa se il successore sarà di un’altra parte politica. La politica è l’arte di governare per il bene comune in una giusta dialettica, protratta nel tempo, tra diverse parti e scuole di pensiero”. Pensava alla riforma a colpi di maggioranza che il Governo Amato impose al centrodestra per modificare il titolo V° della Costituzione, o per l’analogo atteggiamento che la CdL potrebbe adottare per varare la Devolution che Bossi non si stanca di ricordare essere “parte integrante del programma elettorale”? Non è dato saperlo, comunque sia Ciampi sulla vicenda è tornato aggiungendo “che molti campi ancora richiedono adeguati interventi e risorse dello Stato centrale”. Questa volta, però il dubbio non si è posto, l’inquilino del Quirinale parlava anche, se non solo, della scuola. Quella stessa scuola su cui era intervenuto il Guardiasigilli Castelli dicendo “che male c’è se in Lombardia si studiasse di più la storia dei Longobardi e in Sicilia quella degli Svevi?”. Per Ciampi la scuola non si può spezzare, né decentrare, anche se può “essere diversificata nelle varie realtà delle diverse aree del paese” e questo modo di comportarsi per Bossi, invece, è un “interferire” nelle vicende parlamentari. Insomma, un andar fuori del seminato da parte del Presidente della Repubblica cui, spiega sempre il Segretario Federale della Lega Nord “il decreto Legge sulla Devolution è stato inviato due mesi or sono, dopo che era stato approvato dal Consiglio dei Ministri. Ha avuto tutto questo tempo e invece ha deciso di parlarne alla vigilia del voto al Senato”, una legge importante perché, per Bossi, “il nord è un gigante economico ma un nano politico” “e con la Devolution cambia la storia del paese! Per la prima volta è passato il principio del federalismo. Il patto sottoscritto con la CdL è stato mantenuto, e lo stesso Berlusconi non potrà che essere soddisfatto del futuro che sta cominciando”.
Alla Devolution bossiana il centrosinistra ha tentato di opporsi facendo più volte mancare in aula il numero legale, prima di doversi arrendere mercoledì 11 dicembre scorso al voto della maggioranza, con un atteggiamento che ha spinto Silvio Berlusconi a dire che è “impossibile dialogare con chi non ha il senso dello Stato. Se necessario si va a avanti da soli, i voti li abbiamo”, “con l’opposizione si può discutere -ha aggiunto il Premier nei giorni successivi- ma a condizione che la smetta di mistificare, insultare e aggredire in maniera irresponsabile!” “E quello sulla devoluzione è un falso problema, come tanti altri artificialmente creati dalla sinistra. Chi fa le riforme ha come nemici tutti quelli che ne sono in qualche modo toccati nei loro interessi. Lo scopo delle riforme è produrre benessere per tutti, ma all’inizio possono provocare inimicizia.” La riforma, infatti, toccando la Costituzione, necessita di doppia lettura a Montecitorio e Palazzo Madama, e quindi un percorso non facile e non breve.
In difesa del Quirinale (ma “ io sono un federalista e per me la libertà è un valore fondamentale. La polemica con Ciampi è stata creata dai giornalisti” ha aggiunto ancora Bossi) è sceso in campo Pierferdinando Casini, leader centrista della CdL. Il Presidente della Camera dei Deputati, nel corso di una cerimonia, ha detto “che il Parlamento ringrazia Ciampi per l’equilibrio istituzionale con cui interpreta l’alto ruolo che ricopre al servizio del paese”. Un modo come un altro per rimarcare distanze un UDC, che ha celebrato il suo primo congresso, e Lega Nord. Distanze che erano già venute alla luce prima ai tempi della Legge Bossi-Fini sull’immigrazione e poi nuovamente per l’intricata vicenda RAI. Distanze in qualche misura accorciate dal più lealista dei centristi: Carlo Giovanardi, Ministro per i Rapporti con il Parlamento, che sì, preferirebbe un accordo più ampio, “ma se non ci sarà non sarà colpa nostra e andremo avanti lo stesso”. Tranquillizzante, invece, l’intervento della seconda carica dello Stato, il Presidente del Senato Marcello Pera, intervenendo a Palazzo Madama, ha infatti ricordato come “le competenze sull’istruzione possano già diventare di competenza regionale in base alla riforma attuata dal centro sinistra”, e poi ancora Francesco Storace, Presidente della Regione Lazio, che da Mosca invece ha detto come “sia triste leggere sui giornali l’attacco al Presidente della Repubblica. Ciampi non può essere toccato” al punto che il suo Segretario, il Vicepremier Gianfranco Fini, si è visto costretto ad inviare una nota agli alleati richiamandoli “al dovere di una maggiore coesione della maggioranza per dimostrare cultura di governo e capacità di garantire l’interesse generale”.
Tutti con Ciampi? Nemmeno per sbaglio, Francesco Cossiga, suo emerito predecessore, pur contrario alla Devolution non si è fatto sfuggire l’occasione di dire che “la Lega ha il diritto di contestare Ciampi, perché il Presidente è intervenuto prendendo posizione sui temi del dibattito, mica siamo in monarchia! il Quirinale si può criticare: non vedo lo scandalo!”.
Ma è davvero la scuola a preoccupare tanto i governanti italiani? oppure è solo l’occasione di un furioso scontro politico come parrebbero dimostrare quanti dai banchi dell’opposizione come il Presidente dei Senatori diessini Gavino Angius sostengono come sia “evidente che si pone il problema della permanenza di Bossi al Governo” o come il Presidente dei Deputati della Margherita (e già segretario del PPI) Pierluigi Castagnetti per il quale “non può restare al Governo un Ministro che litiga con le istituzioni europee, offende il mezzogiorno italiano, ricatta la sua stessa maggioranza e attacca il Presidente della Repubblica”. Bossi, dal canto suo, incassato il primo dei quattro sì necessari, e consapevole che proprio l’UDC potrebbe con Bruno Tabacci proporre modifiche alla Camera, ha fatto capire che il testo non è blindato ma “che fa parte del patto elettorale votato dalla gente e non verranno accettati emendamenti per svuotare il federalismo”, un modo come un altro per rispondere al neo Vicesegretario dell’UDC Sergio D’Antoni che aveva ricordato come “la Devolution non sia ancora diventata legge e penso che potremo impedire che lo diventi, almeno così com’è ”. Procazioni cui il leader del Carroccio risponde quasi ironico dicendo che “bisogna essere tolleranti, certe posizioni gridate sono più per apparire, per far vedere che una forza, numericamente piccola, conta, perché quanto più sei piccolo tanto più devi gridare. E’ una regola della politica. Comunque conta chi conta e chi non conta non conta!”. E a spalleggiarlo c’è anche AN per bocca del Presidente dei suoi Deputati Ignazio La Russa che, pari pari a Bossi, ha sottolineato come “anche se nessun testo può considerarsi blindato quello varato a Palazzo Madama mi piace così com’è, e non vedo necessità di correzioni. Meno che meno di modifiche che ne snaturino il contenuto, e la magioranza non permetterà che vengano fatte”.
Tante polemiche parlando di scuola e quasi nessun accenno alle altre due materie la cui competenza, al termine del complesso iter legislativo, dovrebbe passare alle Regioni: sanità e polizia locale (solo Bossi a al Resposabile Economico dei DS Pierluigi Bersani che gli domadava se “ci saranno i ranger della Basilicata se quella Regione lo decide?” ha risposto “il Federalismo è così”)! La domanda, tanto ripetuta quanto legittima è ancora la stessa: è davvero la scuola la pietra dello scandalo? Il cuore del problema legato alla Devolution? Oppure no, come dimostrerebbe il fatto che di essa hanno parlato tutti tranne il Ministro competente Letizia Moratti! Passata la bufera su questo tema sarà la volta di scannarsi in materia di presidenzialismo, cancellierato e similari? Possibile, forse non probabile ma molto possibile.
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