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Numero 2(66)
Venti di guerra sul paese di Saddam Hussein
Iraq: la crisi infinita
In Italia contrasti sulla posizione da prendere


    Venti di guerra in Iraq. Dodici anni dopo “Desert Storm” una nuova guerra potrebbe sconvolgere lo scacchiere arabo. Solo Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu e le posizioni di Russia, Cina e Francia hanno fin’ora fermato i 45mila marines che Bush ha già dislocato nell’area mediorientale insieme alle truppe britanniche.
    E centrale, nella vicenda, si è rivelato quanto accaduto in Italia: dagli incontri del Presidente Silvio Berlusconi (Vedi riquadro a fianco) con Putin, Blair, Bush e Kofi Annan, alla visita del Vicepremier Iracheno Tarek Aziz che in Vaticano ha incontrato anche il Papa; dalla missione dell’emissario di quest’ultimo Cardinale Etchegaray che a Baghdad ha incontrato proprio Saddam Hussein, alla impressionante manifestazione contro la guerra svoltasi a Roma. Perfino il Santo Padre ha sentito l’esigenza di intervenire personalmente richiamando “l’Unione Europea alle sue responsabilità. Se resterà fedele ai suoi valori cristiani potrà far valere la pace. Uniti nei valori del proprio passato i popoli europei potranno svolgere il loro ruolo nella promozione della giustizia e della pace nel mondo intero ”
    Secondo il Presidente Statunitense “la guerra al terrorismo non è confinata ad Al Qaeda ma coinvolge anche Saddam Hussein che ha perso la sua ultima occasione. Il popolo americano deve prepararsi alla guerra”, al punto che alcuni paesi arabi come Egitto, Siria e Giordania, per fronteggiare l’inasprirsi della crisi, sono arrivati a proporre le dimissioni del Rais. Già al vertice Nato a Praga nel novembre 2002 George Bush disse che per Saddam Hussein poteva essere “l’inizio della sua fine” sarebbe stata “la sua ultima menzogna” se entro l’8 dicembre scorso non avesse confessato di avere armi di distruzione di massa. Quelle stesse che, con un colpo a sorpresa, il Governo di Baghdad ha messo al bando nei giorni scorsi. La Casa Bianca conferma d’aver chiesto a 52 paesi, tra cui l’Italia di comunicare “idee e mezzi” sulla loro possibile partecipazione a un conflitto con l’Iraq. Le richieste vanno dall’invio di una forza combattente all’aiuto umanitario, e il Ministro della Difesa Italiano Antonio Martino ha messo a disposizioni basi, logistica e spazi aerei sollevando l’ira delle forze politiche di opposizione e ha detto che “il Governo Italiano ha dato via libera all’utilizzo delle basi sul territorio del nostro Stato agli aerei americani per motivi tecnici in vista di un eventuale attacco all’Iraq”.
    Opinione generale di quanti vorrebbero evitare il conflitto è che Baghdad debba collaborare di più: collaborazione attiva e non passiva, perchè se così non fosse il verdetto di guerra sarebbe solo posticipato. Sempre Berlusconi, e sempre alla ricerca di una mediazione fra le varie posizioni, dopo Bush e Blair, ha incontrato per la quarta volta in un anno Vladimir Putin per il quale “la Russia è pronta a lavorare a soluzioni diverse, non voglio dire quali, ma potremmo accordarci con gli USA per prendere decisioni più dure al Consiglio di Sicurezza. Le opzioni diplomatiche non sono esaurite.” Tanto che lo stesso Kofi Annan, Segretario Generale dell’ONU, ha chiesto all’Iraq maggior impegno anche alla luce di quanto dichiarato da Mohammed El Baradei che, alla guida dell’AIEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica), ha detto che: “comunque è prematuro trarre conclusioni”. Sempre Bush, rivolgendosi al Presidente del Consiglio Italiano ha detto che “una eventuale dichiarazione di guerra contro l’Iraq sarà l’ultima scelta, non la prima. L’Italia è un paese amico degli USA, e il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi un mio amico personale”.
    In Italia la posizione rispetto al problema iracheno non è univoca. Secondo Silvio Berlusconi, infatti, si potrà appoggiare un intervento armato solo su mandato dell’ONU, diversamente si dovrà continuare a lavorare su un piano diplomatico. Il premier infatti ha dichiarato che “non possiamo diventare corresponsabili in una resa di fronte a chi insidia la nostra sicurezza, la nostra libertà, la nostra democrazia e la pace nel mondo”. Questa posizione è stata mantenuta anche dopo l’incontro con il Primo Ministro Britannico Tony Blair, con il quale Berlusconi ha detto di avere “una posizione comune su molti punti. Credo quindi che continueremo a lavorare su questo piano”. Blair, infatti, dal canto suo ha ricordato come “la risoluzione 1441 delle Nazioni Unite abbia detto molto chiaramente che Saddam Hussein deve disarmare e cooperare appieno, cose che secondo il Capo degli Ispettori dell’ONU Hans Blix non ha invece fatto”. Il Presidente del Consiglio Italiano, che prima aveva sentito Bush telefonicamente, e poi lo ha incontrato alla Casa Bianca, è ben conscio che gli USA accetterebbero, e forse anche la desidererebbero, una nuova risoluzione dell’ONU se questa costituisse un forte segnale per il Rais Iracheno, ma che allo stesso modo si opporrebbero a qualsiasi tentativo di procrastinare la soluzione finale per mesi visto che per Bush “questa storia deve concludersi nell’arco di qualche settimana, non di mesi. Se Saddam non sta disarmando è un pericolo”. Nonostante la Germania rosso-verde di Schroeder sia sempre fermamente contraria alla guerra anche se con il benestare dell’ONU, è sembrata trovare attraverso Fischer una convergenza con il resto dei paesi della UE costantemente impegnati a cercare una linea comune sul problema iracheno. Il Ministro degli esteri Italiano Franco Frattini a questo scopo ha incontrato a Berlino il collega tedesco Joschka Fischer dichiarando che si sta “lavorando per raggiungere una forte coesione fra i Paesi Europei. L’Italia conferma la sua assoluta lealtà agli impegni internazionali: siamo pronti a fare la nostra parte come membri delle Nazioni unite e della Nato, il Governo manterrà in ogni caso l’impegno più volte espresso da Berlusconi di chiedere al momento decisivo il voto delle Camere ”. E se il Viceministro degli Esteri Russo Iuri Fedotov ha detto che “qualsiasi azione non sostenuta dall’autorità dell’ONU e del Consiglio di Sicurezza sarebbe in sostanza illegittima” per Fischer invece “la Germania non parteciperà a nessuna azione contro l’Iraq”; ciò nonostante lo stesso Schroeder ha dovuto ammettere “di non essere sicuro che la diplomazia possa evitare il conflitto”. Dell’accordo raggiunto dall’UE sulla crisi irachena si è rallegrato anche il Presidente della Repubblica Italiana Carlo Azeglio Ciampi per il quale “è essenziale che l’Unione Europea parli con voce univoca e con chiarezza di intenti sulle maggiori crisi internazionali. Il lavoro degli ispettori merita fiducia e margini di tempo per completare la missione. Non si deve desistere dalla pressione su Baghdad fino a raggiungere il disarmo totale. Spetta all’ONU mantenere ordine e legalità e individuare le vie di uscita della crisi”; Ciampi ha inoltre espresso apprezzamento per “l’opera svolta da Silvio Berlusconi per mantenere la crisi irachena nel quadro dell’ONU. Un’azione che si inquadra nelle linee di fondo della politica estera italiana mantenute costanti nel tempo dai diversi Governi”. Analoga soddisfazione a livello europeo era stata espressa da Romano Prodi, Presidente della Commissione Europea, che ha parlato dell’accordo raggiunto definendolo come “di un grande passo in avanti anche se non definitivo”. La compattezza della UE è però sempre a rischio, tanto che solo alcuni giorni più tardi va registrato l’appello di 8 paesi europei (Inghilterra, Italia, Spagna, Portogallo, Danimarca, Polonia, Ungheria, Cechia) in cui si sottolinea -con evidente riferimento alle posizioni di Francia e Germania- che i rapporti con gli USA non devono diventare “vittima degli attuali e persistenti tentativi del Governo di Baghdad di minacciare la sicurezza mondiale. La nostra forza sta nell’unità. Il regime iracheno e le sue armi di sterminio rappresentano una chiara minaccia per la sicurezza mondiale”. Se non si obbliga il Rais a rispettare la risoluzione 1441 “il Consiglio di Sicurezza perderà la sua credibilità e di conseguenza la pace mondiale ne soffrirà”.
    Per Francesco Rutelli, leader dell’opposizione, il Governo Italiano “non si comporta come se la guerra fosse inevitabile, e Berlusconi deve dire con chiarezza qual è la posizione dell’Italia per prevenirla”. L’ex Sindaco di Roma inoltre condanna tale appello: “l’iniziativa unilaterale di alcuni capi di governo fra i quali il Presidente del Consiglio italiano, dimentica la fedeltà europea operando una forzatura che in questo delicato momento internazionale rischia di spaccare piuttosto che unire. Con la singolare iniziativa di Berlusconi l’Italia rischia di separarsi dalla posizione dei padri fondatori dell’Europa”, “meglio chiedere ai governanti di ascoltare la voce della ragione”.
    Concorde il Presidente dei DS Massimo D’Alema, per il quale “è un errore perché spacca l’Europa su una questione fondamentale come l’Iraq: la guerra sarebbe uno sbaglio di proporzioni gigantesche”. Tra gli altri leader di Partito vanno registrate le posizioni di Pietro Fassino, Alfonso Pecoraro Scanio e Marco Follini, rispettivamente Segretari di DS, Verdi e UDC. Per il primo “l’Italia deve stare dove deciderà il Parlamento, unica sede sovrana. Quindi chiediamo che lì se ne discuta. Se si o no alla guerra si valuta di volta in volta , questa volta per noi è no perché questa guerra viene vista come l’Occidente contro l’Islam, si vanno a colpire regioni già insanguinate, e il mondo sarà meno sicuro in quanto ci saranno una serie di attentati terroristici. Bisogna pensare che la guerra sia evitabile, obbligare Saddam Hussein al disarmo e dare più tempo agli ispettor, inoltre bisogna sostenere l’ONU e non credere di esserne al di fuori ”. Anche per Pecoraro Scanio “il Premier deve presentarsi in Parlamento per dire se intende lavorare per la pace o per la guerra”. Follini, invece, così come gli altri leader della CdL, sostiene che “la guerra fuori dal mandato ONU non è legittima, e va evitata un’azione militare al di fuori del mandato delle Nazioni Unite ”. Il Presidente della Camera Pier Ferdinando Casini auspica invece che “il Consiglio Europeo trovi una posizione comune, se è evidente la necessità di una riforma dell’ONU perché sia più efficace, è altrettanto evidente che il suo ruolo non può essere negato o indebolito”, sempre per Casini, alla luce delle manifestazioni pacifiste che in tutto il mondo hanno coinvolto oltre 100 milioni di persone, “non ascoltare la piazza sarebbe un errore”. Una posizione molto lontana da quella del suo alleato Gianfranco Fini, Presidente di Alleanza Nazionale e Vicepresidente del Consiglio, che ha detto che “dopo le manifestazioni la pace purtroppo non è più vicina. Anzi l’antiamericanismo ideologico e il pacifismo totalitario ad ogni costo, compresa l’ignavia di fronte al terrorismo, non inducono certo Saddam a disarmare.”
    Intransigente sulla guerra è invece il Partito della Rifondazione Comunista il cui Segretario Fausto Bertinotti, dopo le marce, ha affermato che “è nato un nuovo soggetto politico: il Popolo della Pace!” Il suo braccio destro, Alfonso Gianni, aveva invece detto che “Bush distrugge il diritto mondiale, l’unica speranza è il movimento pacifista mondiale” che proprio contro la guerra aveva manifestato al termine del summit di Porto Alegre in Brasile. E su questa line a si è collocata anche l’Associazione Internazionale Human Shields porrà addirittura i propri volontari, fra cui anche alcuni cittadini italiani, come scudi umani presso obiettivi sensibili per proteggere la popolazione civile irachena.
    Una soluzione alternativa è proposta dai Radicali Italiani il cui leader Marco Pannella ha detto che “si potrebbe offrire asilo politico a Saddam Hussein e famiglia, insediando in Irak un governo provvisorio sotto l’egida dell’ONU ”.
    Ma cosa ne pensa di tutto questo il diretto interessato? Saddam, indifferente a opinioni e mediazioni ha avvertito che “se invadono l’Iraq verranno uccisi un milione di soldati americani. Il nemico non sbarcherà alle porte Baghdad perché sa che andrebbe incontro alla morte” anche perché, come sostiene il suo vice Yassine Ramadan “ il popolo arabo aiuterà quello iracheno”…

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