Numero 14(59)
Guerra all’Iraq: Europa cambia parere Berlusconi ha appoggiato Bush
Sembra che i preparativi degli USA per l’operazione contro Iraq siano passati alla fase definitiva.
Il 13 settembre lo Stato maggiore del Comando centrale delle forze armate statunitensi (CENTCOM) ha cominciato a trasferirsi verso il dislocamento temporaneo nella zona del golfo Persico. La nuova sede del CENTCOM si trova nella base Al Udayd in Qatar. Continua anche la preparazione propagandistica dell’attacco. Il Presidente americano George Bush ha dichiarato il 12 settembre alla sessione dell’Assemblea generale dell’ONU che l’operazione contro Iraq è inevitabile se Baghdad non adempirà le risoluzioni ONU che richiedono disarmo del paese. “Il regime irakeno che ha perso la sua legittimità fra poco perderà anche il potere reale”, ha rilevato lui. Parlando a proposito degli intenti USA nei confronti dell’Iraq il capo dello stato americano ha sottolineato che “quello che possiede il Presidente dell’Iraq Saddam Husayn rappresenta un enorme pericolo per tutto il mondo, e i leader mondiali non devono lasciare a Baghdad la possibilità di agire”. “Le giuste rivendicazioni di pace e sicurezza devono essere adempite da Baghdad, altrimenti azioni fattive contro questi saranno inevitabili”, ha detto il capo della Casa Bianca. Ma non ha citato termini concreti di ritorno in Iraq degli ispettori di armamenti. George Bush ha fatto capire che gli USA sono pronti a passare alle azioni se Saddam Husayn rifiuterà di realizzare gli impegni inerenti agli armamenti assunti prima. “Le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU devono essere espletate come requisiti di pace e sicurezza, altrimenti azioni di risposta saranno inevitabili”, ha detto Bush.
Anche il Segretario generale ONU Kofi Annan nell’intervento all’Assemblea generale ha fatto appello agli USA di non intraprendere azioni recise contro Iraq da soli. Nel suo intervento K. Annan ha qualificato Iraq secondo nella lista di quattro minacce attuali che secondo ONU rappresentano il maggior pericolo per il mondo. Tenendo conto delle numerose dichiarazioni degli USA sulla necessità di un’operazione militare contro Iraq, K. Annan ha fatto presente ai delegati dell’assemblea che ai sensi dello Statuto ONU qualsiasi Stato se viene attaccato ha il diritto alla difesa. Ed ha sottolineato che nel caso di intervento contro Iraq anche questi avrà questo diritto in piena misura. In quest’ottica il Segretario generale ONU si è espresso contrario ad eventuali azioni preventive nei confronti dell’Iraq senza aver deliberato la rispettiva risoluzione dal Consiglio di sicurezza dell’ONU.
Nello stesso tempo K. Annan ha rilevato la mancata volontà da parte dell’Iraq stesso a collaborare con la comunità internazionale ed accettare gli ispettori ONU in tutte le unità sospettabili del paese. “Se il comportamento arrogante dell’Iraq continua, il Consiglio di sicurezza ONU dovrà fare quello che è tenuto a fare”, ha detto Annan.
Per convincere i titubanti gli USA hanno cominciato una potente campagna propagandistica sul possesso da parte di Iraq delle armi di sterminio di massa. Però se fosse così, poco probabile che gli USA si decidessero all’intervento. Gli Stati europei che prima si distanziavano dalle intenzioni USA, gradualmente cambiano opinione. Grande importanza ha avuto il Primo ministro Silvio Berlusconi che ha dichiarato l’intenzione di dare mano agli americani anche in mancanza delle risoluzioni ONU. Nella dichiarazione pubblicata dal giornale italiano Il Foglio il capo del governo italiano rileva che “il regime irakeno sistematicamente manca di rispettare i propri impegni nei confronti dell’ONU nel corso degli ultimi cinque anni”, e adesso “adesso è venuto il momento di agire sull’Iraq impiegando tutti i mezzi diplomatici e politici, forza militare non esclusa”. Silvio Berlusconi ha dichiarato anche che “se taluni regimi cercano di distruggere la democrazia, gli Stati democratici non solo hanno il diritto, ma anche sono obbligati a difendersi”. Non ha però risposto direttamente alla domanda se l’Italia è pronta a partecipare all’operazione contro Iraq con un proprio contingente militare. È possibile che il suo appoggio si limiterà alle dichiarazioni politiche e all’attività interpretativa con gli alleati degli USA nella NATO. D’altronde anche questo è più che sufficiente per la Casa Bianca. Così l’Italia è diventato secondo paese europeo dopo la Gran Bretagna che ha appoggiato la soluzione militare del “problema irakeno”. In breve a Berlusconi si è associato il suo immediato alleato premier spagnolo J.M. Asnar, che però ha notato che non sarebbe male comunque assicurarsi la risoluzione ONU.
Germania e Francia però non vogliono ancora aderire agli USA nella loro crociata irakena. Il cancelliere tedesco Gerhardt Schroeder ha sottolineato che la Germania è unita agli americani nella commemorazione dei morti e appoggia pienamente l’alleanza internazionale per sradicare il terrorismo, ma ha fatto appello ai passi diplomatici e pacifici nella soluzione di questo problema. Anche il Presidente francese Jacques Chiraq è molto scettico nei confronti dell’operazione militare USA in Iraq ricordando che non esistono prove reali della produzione di armi di sterminio in Iraq, mentre la sua relazione con Al Qaida è sotto grande dubbio. Inoltre toccherà agli europei a pagare la restaurazione dell’ordine in Iraq filoamericano. Il ministro degli esteri Vaticano arcivescovo Jeanne-Louis Toran ha dichiarato che le azioni belliche contro l’Iraq possono cominciare solo se approvate dall’ONU. Ha raccomandato di tenere presenti le conseguenze dell’azione per la popolazione irakena e per la stabilità in tutta la zona.
I politici turchi hanno dichiarato che sosterranno l’operazione anti-Iraq solo dopo che sia sancita dall’ONU. Nel caso di mancata sanzione gli USA saranno privati della possibilità di utilizzare le proprie basi in Turchia né avranno esercito turco a disposizione per le operazioni contro l’Iraq.
La Russia preferisce mantenere un significativo silenzio. Probabilmente il Presidente Putin non ha deciso ancora definitivamente quale comportamento sarà più vantaggioso per la Russia, e viste le limitate possibilità preferisce aspettare ulteriori sviluppi della situazione, facendo segni di incoraggiamento ora a questa ora a quest’altra parte.
La data di inizio dell’operazione militare non è ancora chiara. Indicano febbraio 2003 e altre scadenze più inoltrate. Se però Saddam Husayn lascerà entrare nel paese gli ispettori internazionali come gli viene chiesto, tutta l’impresa di intervento armato in generale può fallire data la posizione rigida della maggioranza delle potenze del mondo. Tanto che i paesi del terzo mondo hanno già condannato quasi all’unanimità l’eventuale operazione degli USA mentre Nelson Mandela, uno tra i politici più considerati del mondo, ha chiamato la politica mediorientale degli USA “minaccia alla pace nel mondo”, rammentando che dopo la deposizione di Husayn nella zona può instaurarsi un caos dal quale facilmente possono sbucare dei fanatici religiosi (come è successo in Afganistan dopo deposizione del regime filosovietco di Najibullah nel 1992, quando in fin dei conti sono rimasti al potere i taliban).
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